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- Scritto da Flap
Già siamo ancora qui, dopo oltre nove anni e pronti ad andare ancora avanti con piccole manate di gas.
Una l’avete vista in questi giorno con il nuovo sito che introduce anche il nuovo logo di aMotoMio.
Già siamo ancora qui, dopo oltre nove anni e pronti ad andare ancora avanti con piccole manate di gas.
Una l’avete vista in questi giorno con il nuovo sito che introduce anche il nuovo logo di aMotoMio.
Non lo faccio mai, sarà che si dà la colpa alla fretta, agli impegni e al tempo che manca sempre, ma di fatto non riesco quasi mai a dedicarmi con calma ad una uscita in moto.
Sempre a rincorrere i minuti e affannarsi per non essere in ritardo e non dimenticare nulla trascurando quasi sempre il piacere semplice e genuino della preparazione e dello scorrere lento del tempo senza vincoli di orario e di meta.
E' così, nel giorno in cui festeggiamo il più grande campione della Superbike, nel giorno in cui qualcuno ha scalzato dalla vetta dei record l'eroe di tante battaglie, il grande King Carl Fogarty, ci accorgiamo che noi della Superbike siamo solo lì sul quotidiano sportivo più autorevole del paese, a pagina 51, in un piccolo trafiletto che non dà minimamente il valore del gesto sportivo di questo ragazzo dell'Irlanda del Nord, che da irruento e rozzo sportellatore, si è trasformato in uno dei più grandi campioni del motociclismo, amato e contestato come capita a molti dominatori della propria epoca.
Siamo lì in fondo, e se da una parte qualche dubbio nasce vedendo sport molto meno seguiti che occupano paginate intere o doppie pagine dei quotidiani sportivi, dall'altra ci si chiede come abbia fatto il campionato delle derivate di serie a mettersi in contrapposizione che chi divulga informazione sportiva, o semplicemente ad esserne dimenticato. Evidentemente la faticosa gestione del GESTORE ha creato una frattura, fatta di incomprensioni, di arroganza, di regolamenti confusi cambiati di anno in anno, di abbandono in qualche caso.
Anche le TV non sono state incoraggianti, a inizio stagione in molti si domandavano come sarebbe cambiato con Sky lo spettacolo della Superbike, beh la risposta è "nulla". A parte qualche piccolo approfondimento è sembrato che il canale satellitare abbia acquisito il campionato delle derivate quasi per dovere. L'epoca d'oro di La7 è affondata, sono scomparsi per lo più anche i test di Max Temporali, gli opinionisti della MotoGP non si sono scomodati per la serie plebea delle moto, il tutto è diventata telecronaca, uno spettacolo vecchia scuola che si potrebbe vedere anche in bianco e nero.
Ma questo momento, il momento di Jonathan Rea, il momento della nostra passione, sarebbe dovuto essere a doppia pagina, se non prima della fantamiliardaria formula 1, appena dopo. Non so voi ma io mi sono sentito defraudato, derubato, dimenticato ingiustamente. Quale che sia la diatriba che regola questo difficile rapporto tra un gestore poco capace e poco democratico e un giornalismo troppo autoreferenziale, chi non dovrebbe mai andarci di mezzo sono i piloti e gli appassionati.
Almeno nel suo paese qualcuno sicuramente tributerà gli onori a questo strabiliante Jonathan Rea, mentre noi dimentichiamo di celebrare anche i Tony Cairoli.
Wolf
Lavorare con le moto, viaggiare in lungo e in largo, parlare con i campioni delle due ruote, seguirne le gesta e i campionati; insomma quello che sulla carta è il lavoro più bello del mondo. Peccato che serva tempo, tanto tempo soprattutto se i campionati sono Mondiali soprattutto se, per seguirli e per seguire il tuo lavoro la tua passione, stai via da casa molti e molti giorni all'anno.
La incrocio quasi ogni mattina con il suo proprietario alla guida che evidentemente appena dopo l’alba va a lavorare.
La vedo in ogni stagione; sfidando il caldo il freddo, la nebbia e la pioggia, impassibile come se fosse sempre la stagione giusta per andare in moto.
Così mi trovo seduto di fianco a Franco Picco in un ristorantino da spiaggia sul mare di Sanremo.
All’inizio non lo avevo riconosciuto, più che altro perché non mi sarei aspettato di trovarlo accanto a me.
Lo abbiamo pensato tante volte dentro al casco, in qualche lunga fila, o forse per sorpassare una singola macchina, noi più veloci, più rapidi, più snelli mentre cerchiamo di farci strada nella noiosa routine della vita automobilistica.
E’ capitato a tutti di trovare poi quelle code, quei blocchi, quegli spazi angusti, ma anche quegli automobilisti un po’ distratti, un po’ antipatici, ondeggiare nei dintorni della linea di mezz’aria, senza concederci lo spazio per abbandonare la lunga e noiosa serpentina. Certo, la nostra larghissima famiglia non è sempre tra le più corrette, a volte siamo portati a pensare che i centimetri sono metri, che lo spazio già occupato per buon diritto del codice della strada sia nostro per qualche divina discendenza, ma quelli sono altre faccende.
Tris di borse, full di bauletti, poker di bagagli, scala le marce e vai…insomma pare che non si possa andare al bar con un GS, o qualunque altra Maxi-Enduro se non con minimo le borse laterali, il solo bauletto è da poveri, mentre il tris completo, magari “Alu” è il massimo della figaggine!
Il titolo sembra più quello di una puntata di Topolino o di Paperone, ma è quello più azzeccato dopo la presentazione della nuova V85TT. Da quando la nuova adventouring della casa di Mandello del Lario è stata presentata, i like sui social hanno scalato il contagiri più veloci di una motogp.
Eh cari vecchi cuori guzzisti, tanto tempo a sognare il grande ritorno sui palcoscenici mondiali, tanto tempo a sognare quell’aquila tornasse nel cuore di tanta gente, e tutto è diventato reale con una endurona, forse uno dei modelli più insoliti per la casa di Mandello del Lario.
Dal passaggio a Piaggio la nostra guzzona ha fatto tanto cambiamenti, ha cambiato cuore, rivedendo l’architettura dei motori, pelle, cercando design più moderni e sofisticati, e anche gambe, riprogettando il suo mitico cardano. Tante le moto che sono uscite da quel giorno, alcune molto azzeccate, altre un po’ meno. Tra naked, classic, café racer e custom. forse in Moto Guzzi si attendevano il grande salto con il ritorno della V7, una moto che negli anni 70 aveva fatto sognare un sacco di motociclisti.
Anche sulle custom Moto Guzzi aveva rivolto grande speranze, soprattutto per il mercato americano, dove le nuove imponenti California e la MGX21, dovevano incantare gli americani e le loro highway.
Ma poi arriva questo tassello mancante per completare una rinascita partita all'inizio del nuovo millennio, questa adventouring dal motore piccolo rispetto a certa concorrenza, ma un motore esotico, un motore che se qualcuno avesse occasione di leggere qualche articolo d’oltreoceano, viene definito unico! Ma la nuova V85TT è tutta esotica, il suo DNA un po’ roadster come erano le enduro all’inizio degli anni 90, il suo cuore unico, il suo design retrò ma sofisticato, ha incantato molto del pubblico motociclista.
E’ di nuovo passione Moto Guzzi, è di nuovo quella voglia di cavalcare un motore messo di traverso, è di nuovo la voglia di orgoglio Made in Italy, un po’ di più da aggiungere a quello di altre case italiane, ma questa ha le ali, è una Moto Guzzi.
Questa V85TT era il tassello mancante al ritorno di una grande passione!
Wolf
Come quasi tutti i motociclisti il nostro mondo è la strada; quel lungo nastro d’asfalto nero che ci porta a spasso nel mondo.
Un groviglio di linee che ci permette di vivere la nostra passione e ci porta a visitare luoghi vicini e lontani.
Il manto nero scompare velocemente sotto le ruote, la linea è quella tracciata dall’equilibrio che il mezzo mantiene grazie alla velocità.
Basta un piccolo spostamento del peso o la pressione su un lato del manubrio per cambiare direzione seguendo la strada e i pensieri.
Concedetemi questa divagazione a quattro ruote, del resto quando queste ti portano nel passato vale tutto.
No, non è la DeLorean DMC-12 di “Ritorno al futuro” ... si tratta di una Daewoo Matiz del 2000!
Incredibile il rumore insopportabile del silenzio, ci avete mai fatto caso a quanto l’assenza totale di ogni minimo rumore possa sembrare strana, quasi preoccupante come fosse annunciazione di qualcosa di inaspettato.
Lo sai che andare in moto è questione di equilibrio instabile.
Ci vuole concentrazione e attenzione a valutare velocità, distanze, condizioni del terreno e, perché no, un pizzico di preveggenza sul comportamento altrui.
Non me ne vogliano gli amici guzzisti, in fondo sono uno di loro, quando ho dovuto scegliere “la prossima moto” l’unica cosa a cui ho dato retta è stato il cuore, o forse più le budella, che ha scelto una creatura di Mandello del Lario, un attrezzo tutto muscoli e poco cervello, una moto che solitamente dovrebbe avere una patente tutta a sé, ma che viene venduta anche ai poco di buono come me.
La passione dei motociclisti è davvero unica, colorata, priva di senno, oltre il tifo calcistico, qualcosa che sprizza amore per le cose più insensate. La Severa qui in foto è su base Moto Guzzi V11, credo il canto del cigno per il vecchio bicilindrico a V di 90 trasversale, quello mosso da aste e bilancieri come da progetto originale, due grossi pugni ai lati della moto che menano come fabbri. Beh ve lo posso dire senza vergogna, è tutto fuorché piacevole da guidare. E’ ruvido, è scorbutico, scalcia come un mulo in scalata, tirando su i giri il cambio diventa duro e impreciso, il cardano di vecchia generazione fa sculare il posteriore della moto più di una di quelle donne a bordo strada, ed è assetata… molto assetata, gli versi un bicchiere e lei lo ha già trangugiato tutto d'un fiato. Vecchia ubriacona!
La passione arriva però tutto in un momento, quando aperto un volume sulla storia della casa di Mandello del Lario, cerco e arrivo finalmente alla pagine sulla Moto Guzzi V11, che ha sempre impressionato per essere forse la progenitrice di tutte le muscle bike. La passione è tutta lì, mentre il volume e il suo autore declamano la maneggevolezza della moto e l’erogazione progressiva del motore. Mi volto… la guardo sorridendo, le dico "non puoi essere tu" e penso che soltanto un pazzo innamorato poteva immaginare che appendendo il motore di una macchina ad una putrella da cantiere poteva pensare che potesse uscirne una moto agile e progressiva. Ben si intenda, le moto di Mandello del Lario di oggi sono altrettanto fascinose, ma anche compagne meravigliosamente trattabili. Ma lei no!
Mi immagino tre ingegneri giapponesi che si trovano una moto così tra le mani, discutono animatamente fitto fitto su tutti i problemi della moto, e di quante cose dovrebbero essere sistemate prima di metterla in strada, per la sicurezza e il confort del motociclista. Uno probabilmente sceglierà di fare harakiri. I tre italiani di Mandello del Lario invece si devono essere dati delle gran pacche sulle spalle al motto di “oh quando molli il gas se non stai attento il culo va tutto da una parte” e via una risata, oppure “se ti viene in mente di aprire il gas in piega e non ci stai attento si ribalta” e via un’altra risata. Probabilmente hanno pensato di aver creato un’opera d’arte. Punti di vista.
Mi volto… la guardo sorridendo… e penso ma quanto è bella! Stronza! Forse è amore.
Wolf
Vero è comunque che non ho nulla contro gli scooter, li ritengo imbattibili nel traffico urbano, tant’è che lo prendo in considerazione per una vacanza nella trafficata Costiera Amalfitana.
Sarà che a volte le intuizioni stilistiche sono troppo avanti, troppo in anticipo sui tempi e sulle mode, a volte sono oggetti che suscitano scalpore e scompaiono dopo poco tempo altri invece rimangono un riferimento per anni, qualcuno invece viene rivalutato e in fondo capito solo anni dopo.