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- Scritto da Flap
Già, dove la metto la moto, o meglio dove la parcheggio?
Sembra una cosa banale e al di là delle battute: mettila sul cavalletto, appoggiata al muro, ecc spesso ci si trova di fronte a un piccolo problema.
Già, dove la metto la moto, o meglio dove la parcheggio?
Sembra una cosa banale e al di là delle battute: mettila sul cavalletto, appoggiata al muro, ecc spesso ci si trova di fronte a un piccolo problema.
C’ero alla prima edizione Milanese del 2014, elegante e convinto, sulla mia Moto Guzzi insieme a qualche centinaia di amici.
C’ero anche i due anni successivi sempre a Milano e l’anno scorso a Torino per abbracciare l’idea anche da un’altra regione.
In tempi veloci dove tutto viene consumato in fretta, deve essere rapido e immediato: un mondo fatto di foto, filmati (brevi), testi ridotti al minimo si è diventati tutti superficiali.
Non posso credere ai miei occhi. Anzi ai miei specchietti retrovisori. Loro sono li dietro di me e mi chiedono strada. Non può essere, le ultime notizie a loro riguardo si perdono alla fine della prima decade degli anni 2000; uno sconvolgimento climatico....emh....
Chi l'avrebbe mai detto aspettando di vedere le rosse sbancare la MotoGP a Misano che invece avremmo visto un pilota, Romano Fenati, vederci solo rosso, e invece di usare la sua pazzia da campione in quella manciata di attimi che decide tra una vittoria e una sconfitta, ha lasciata che scorresse fluida e incontrollata e in quella manciata di attimi ha potuto solo costruire una disfatta sportiva.
Certo che vestirsi da pupazzo di neve il 14 luglio può essere una cosa alquanto e perlomeno atipica, diciamolo forse anche un po’ da pirla.
Se poi l’uomo in questione è più vicino ai 60 che ai 50 anni la cosa si fa ancora più preoccupante.
Noi siamo figli delle stelle, di un’epoca romantica, non so voi ma io mi sento ancora così, siamo figli di quegli anni dove la guerra della cavalleria era già iniziata, puledri, purosangue e ronzini a secchiate dentro i motori, ma tutti ancora da domare con il polso, e la maestria delle case stava anche nell’avere nel proprio garage un omino, un artigiano, uno sciamano dell’albero… a camme, capace di regolare il motore come un orologiaio, perché la potenza ignorante non serviva a nessuno.
Eppure in epoca moderna, quello del motorista è un mestiere mixato a quello meno romantico delle nuove tecnologie, dell’elettronica che trasforma, imbriglia e modifica come un farmaco il carattere del motore. Ma leggendo l’articolo di una nota rivista di ragazzacci della moto, rito immutato nella partenza per le vacanze, qualcosa è riaffiorato di quella potenza pura che sa dare un motore supersportivo. Tanta potenza.
Supersportive dissennate nel prezzo, lontane dalla disponibilità dei portafogli, ma piene di chincaglieria di lusso, pornografia motociclistica che ci regalano sogni proibiti, soprattutto dopo aver controllato il conto in banca. Poi compare lei, nata ad Hamamatsu, costruita con quel tipico buon senso jap che si sta perdendo nella guerra all’ultima diavoleria. Non indossa gioielli d’alto livello, ma gioielli di buon livello, non incorpora il cervello più sofisticato perché ad Hamamatsu quel vecchietto esperto botanico di alberi motori non lo hanno ancora mandato a casa, non monta nemmeno sospensioni svedesi intelligenti, ma quelle giapponesi di buon senso.
Poi gira in pista e si piazza davanti a molte ricche avversarie, con 5000€ in meno di listino. Allora dopo il buio di prezzi siderali vedo la luce, quella delle stelle, quella romantica che mi fa sognare di nuovo che la moto supersportiva è ancora un mezzo più democratico di quella delle auto supersportive.
E quindi? Niente, mi viene in mente che essere ancora figli delle stelle si può, e non si arriva nemmeno ultimi.
Wolf
Quante volte l’abbiamo detto, sentito dire, letto in migliaia di post.
Ancora una volta me lo sono trovato davanti a descrizione di una foto in cui un “Vecchio” motociclista testimoniava una passione ben lungi dall’essere esaurita.
E' scesa la sera sul prato di Manerba del Garda dove per tutto il sabato i piccoli allievi della Junior Motor School hanno scorrazzato in lungo e in largo, felici di imparare a guidare una moto vera, a motore, della taglia giusta per loro.
Eravamo in tanti poco più che trentenni quando scoppiò il boom della moto, i forum su internet favorivano l'aggregazione a distanza e i ritrovi, le due ruote erano già "social" all'epoca, e in tanti si sono messi una motocicletta nel box, vuoi per vera vocazione, vuoi per quel tiro artificioso che ciò che è di tendenza crea nell'animo delle persone, la sensazione di non poter fare a mano di qualcosa, o addirittura appartenere a qualcosa.
"Pirla è un termine in uso in molti dialetti di area lombarda ed emiliana (e in particolare nel dialetto milanese). In origine significava trottola(da cui anche il verbo pirlare, cioè gironzolare senza scopo) e poi è passato a indicare l'organo sessuale maschile. Il lemma è utilizzato anche come insulto, con la connotazione di "stupido"."
Simili l’otto, inteso come numero, e il simbolo dell’infinito, solo una rotazione di 90° la differenza sostanziale.
Otto in effetti è per noi un altro piccolo traguardo superato, un altro anno da quel lontano e caldo luglio del 2010 che ha visto le prime “Sgasate” di aMotoMio.
Le vedo ormai a tutte le piazzole di sosta, le vedo che mi salutano, le vedo sorridenti e procaci nelle loro divise molto succinte, sono le Monster Energy Girls, le bellissime ragazze che solitamente sono riservate solo ai grandi campioni della MotoGP, come quel francese del team Tech3, Johann Zarco, oltre alle ragazze ha anche la coppa del mondo, tzè!
Ma oggi è un giorno diverso, è un giorno speciale, non è difficile capirlo, ad ogni piazzola ce ne sono un paio che aspettano un motociclista, con l’ombrello e una borraccia gelata del drink energetico, sorridono, ammiccano, le pelle lucida e abbronzata, ma a nessuno viene mai da chiedersi se sono vere? Certo, la tentazione di fermarsi è forte, in questo pomeriggio d’estate il sole batte a picco sul casco, nell’aria ci sono 35 gradi, l’asfalto della tangenziale di Milano è rovente, lo vedo anche nello sguardo dell’uomo delle gomme vicino alle ragazze, che con il suo termometro sta misurando la temperatura a terra… scrolla la testa sconsolato… ci saranno 50 gradi, spero di arrivare a destinazione prima di finire le gomme, non ricordo che mescola ho montato.
Ah mondo cane, l’aria è calda e questi camion l’arroventano ancora di più, passando vicino alle auto che procedono a passo d’uomo sento le ventole che sbuffano come cagnacci affaticati con la lingua a penzoloni. Che tentazione, fermarsi alla prossima piazzola, vedo già altre due ragazze con il body strizzato, il sorriso scintillante e la bibita gelata. C’è anche un altro uomo delle gomme, somiglia a quello di prima, anche lui scrolla la testa, mi sa che non ce la faccio, ma ci provo.
Un altro rallentamento, poi si riparte, poi ci si ferma, e l’asfalto entra con il suo caldo nei vestiti, nei pantaloni, nella giacca, sudo, ho caldo, e come fanno queste ragazze ad essere così perfette, non hanno caldo, non sudano, la pelle abbronzata, ammiccano, ma devo continuare, mi sembra di stare in uno di quei libri di Stefano Benni, c’è anche un camionista a due teste che mi fissa dal finestrino, è la strana umanità di cui parlano sempre, quella che incontri solo in tangenziale. Cose che accadono solo d’estate.
Alla fine ce la faccio, arrivo a destinazione con la sensazione di aver fatto una sauna, un bagno turco. Non mi sono fermato dalle ragazze Monster Energy, spero non si siano offese, magari una di loro mi avrebbe dato anche il suo numero, ma quello sarebbe stato il SOGNO di una moto di mezza estate, questo è solo un MIRAGGIO.
Wolf
Non sto parlando del gioco delle carte, ma della cilindrata per eccellenza, quella che forse le nuove generazioni non ricordano o ricordano appena pensando che sportiva è 600 o 1000, o qualche esotica numerazione del bicilindrico di Borgo Panigale, ma noi che una volta guardavamo con desiderio le ultime sportive da urlo, 750cc era tutto quello che si potesse desiderare, 750cc era la cilindrata giusta.
Si è fatta sospirare, si è fatta attendere, attraverso una Primavera inesistente, però adesso è qui, calda come deve essere la bella stagione.
Basta giacche pesanti, freddo, tute antiacqua e stivali in gore-tex, ora si che si ragiona; un bel casco jet, maglietta e bermuda e via a godersi l’aria che ci corre incontro nella nostra corsa.
"Il buio arriva, ma non è troppo spietato, c’è qualche stella, è come un disegno spezzato..." canticchio stonato, dentro il casco, la canzone "Bar Mario" di Luciano Ligabue.
Il faro illumina il nero nastro d'asfalto, in quell'ora che è ormai più vicina all'alba che al tramonto del giorno prima; nulla disturba il lento andare accompagnato dall'educato suono dello scarico, quasi a non voler disturbare il sonno della natura che scorre, nascosta, ai lati della strada.
Non ho nessuna intenzione di prendere in giro gli enduristi da strada, o meglio i nuovi viaggiatori se si può dire così, ma io provengo da quella terra di mezzo... dal quel periodo di mezzo tra i vecchi enduristi, quelli davvero da sterrato, e quelli nuovi che in realtà di terra ne hanno vista ben poca, in cui tutti si viaggiava belli carenati.