"Il buio arriva, ma non è troppo spietato, c’è qualche stella, è come un disegno spezzato..." canticchio stonato, dentro il casco, la canzone "Bar Mario" di Luciano Ligabue.
Il faro illumina il nero nastro d'asfalto, in quell'ora che è ormai più vicina all'alba che al tramonto del giorno prima; nulla disturba il lento andare accompagnato dall'educato suono dello scarico, quasi a non voler disturbare il sonno della natura che scorre, nascosta, ai lati della strada.
Il sonno che solo poche ore prima mi aveva aggredito è quasi scomparso lasciando una sensazione leggera, mentre la fresca brezza della corsa mi dà piacere.
La strada muta repentina verso la metropoli diventando un enorme serpente colorato a più corsie dove rari esemplari a quattro ruote corrono veloci nella mia stessa direzione.
Una fretta che non esiste ma che la strada richiama facendo ruotare, inconsciamente, la manopola del gas di quel poco per velocizzare il rientro a casa.
Ancora luci, quelle di un casello sperduto nella campagna, a segnare il confine indefinito che mi rituffa nel buio.
Ancora pensieri che lascio andare a ruota libera mentre dolcemente seguo la tortuosa e stretta strada, metafora ideale di un momento di vita che scorre senza sosta, guidato ancora da quell'amico fascio di luce che segna il passo.
Mentre il quadro si spegne accendo la luce di casa, poche ore di sonno e domani sarà un altro giorno da vivere intensamente, uno dopo l'altro.
Flap