E' stato il progetto meglio gestito, in pochi anni ha portato Suzuki al titolo mondiale, ma come già accaduto i vertici di Hamamatsu decidono di lasciare all'improvviso
I risvolti sono probabilmente economici, Suzuki misura i suoi risultati in pista con quelli economici delle vendite e qualcosa non quadra. In realtà dovrebbe essere così per tutti i team, con il segmento sportivo ai minimi termini in fatto di vendite, la MotoGP serve come cartello pubblicitario per il brand piuttosto che un modello o un segmento.
La notizia sconcerta tutti, in primis i piloti Suzuki che erano in piena fase di rinnovo contrattuale e che ora non solo si trovano a piedi, ma diventano una specie di valanga che va a colpire un mercato piloti già in subbuglio. Joan Mir, ex iridato, e Alex Rins, con un ottimo avvio di campionato, possono entrare in modo dirompente su tante trattative pericolanti e selle traballanti.
DORNA IMPUGNA IL CONTRATTO
La reazione dell'organizzatore non si è fatta attendere, ricordando subito alla casa giapponese, che non ha ancora dato spiegazioni, che c'è un contratto firmato tra le parti fino al 2026, un cambio di rotta di Suzuki dopo un solo anno che fa pensare a previsioni poco rosee per questo periodo complicato. Dopo due anni di pandemia e una guerra in corso in Europa che impatterà l'oconomia globale, i giapponesi vedono buio all'orizzonte.
Dorna quindi dovrà occuparsi di trovare altre due moto tra gli attuali contendenti, forse altre due Aprilia, difficile però pensare all'ingresso di altri brand, attualmente le uniche a poterlo fare sarebbero BMW e Kawasaki, con la prima che si è sempre dichiarata poco interessata visti i costi, e la seconda che ha mantenuto rapporti difficili fin dalla contestata per Dorna di impegnare tutto il bedget in Superbike.