KTM Adventure 790
Categoria: Biker World

I pesanti problemi finanziari del caso KTM impongono una riflessione alle case europee. Abdicare al potere del dragone, o tornare a fare moto in casa?

Andava tutto bene là fuori, il tempo era bello, i pascoli verdi, gli angeli cantavano e suonavano svolazzando qua e là, ma soprattutto le moto sbombazzavano alla faccia della normativa Euro qualchecosa più più più, e in barba alla ricarica a pedali del Ciao RR Limited Edtion. Secondo Ancma il mercato vola, rispetto agli anni precedenti è tutto in più qualche cosa percento, il mondo delle due ruote va a gonfie vele. 

Poi un giorni ti alzi e c’è la crisi della Orange Brothers. .azz. È successo? Meglio tornare a letto?

Succede che una delle case europee con maggior crescita nell’ultimo decennio, che ha cambiato pelle ma anche DNA, passando da marchio principe dell’off-road a marchio che su ogni terreno ha deciso di esprimere potenza e tecnologia made in Austria, ha fatto crack… ahi che male! L’entrata in MotoGP per tutti aveva segnato un punto di arrivo insieme all’incredibile capacità produttiva di 1000 motociclette al giorno e all’acquisizione di un marchio come MV Agusta. Ma la bolla è scoppiata, e le vicende del marchio arancione oggi raccontano tutta un’altra storia.

L’azienda austriaca passerà per una procedura di ristrutturazione giudiziaria in auto-amministrazione, con lo scopo di presentare un piano per ridurre l’esposizione verso i fornitori e un piano credibile a lungo termine per il bene del marchio. Il tutto costerà anche la sospensione della produzione nei due siti austriaci per almeno due mesi, la riduzione del largo magazzino di parti e moto, la ristrutturazione aziendale che non sarà indolore. Eppure tutto si può dire dei modelli KTM, meno che non fossero moto belle, tecnologiche e di grande sostanza.

Quindi cosa è successo? Caso isolato, o reazione a catena? L’estremo oriente bussa… forte!

Le classifiche di vendita hanno raccontato una storia di vendite in positivo, ma queste famigerate classifiche hanno sicuramente permeato i marchi cinesi, veri o per capitale. Il caso Benelli in Italia è abbastanza simbolico di cosa può fare una collaborazione stilistica e progettuale europea, italiana, con capitali e bassi costi dell’estremo oriente. Stessa sorte per Moto Morini, che non ha fatto il botto di vendite come la TRK di Benelli, ma che fin da subito ha presentato modelli che per stile e soluzioni hanno colpito il motociclista, a partire da quella scelta di non accodarsi al trend degli economici bicilindrici paralleli, scegliendo un V2 con più carattere.

Ma è una situazione che non può essere considerata isolata, è indubbio che le motociclette in arrivo dall’estremo oriente stanno via via migliorando qualitativamente, stilisticamente e a livello prestazionale. Il mercato europeo fa gola alle case cinesi, un continente dove le due ruote non sono viste come un mezzo da lavoro, ma come un divertimento con utenti disposti a spendere. L’adattamento verso le cilindrate intermedie è stato progressivo, concreto ed efficacie, ma ora arriva anche il nuovo motore Moto Morini di grossa cubatura, le basi per coprire tutta la gamma sono state gettate.

Quale sarà il futuro delle case motocicliste europee?

Energica ha già lasciato il mercato, MV Agusta si è aggrappata ad una zattera, quella KTM, che fa acqua, Ducati è impegnata dalla crisi Audi, altre case hanno farcito i propri listini con moto fatte in collaborazione con gruppi dell’estremo oriente, regalando di fatto know-how ad aziende in grado di replicarle e subentrare senza alcun rimorso ideologico. Il mercato è una jungla. Anche i marchi giapponesi faticano a fronteggiare il vicino di casa, al recente EICMA poche sono state le vere novità di sostanza, quasi un consolidamento, un tentativo di fare muro contro il mare trabordante di novità della concorrenza cinese, che avendo i listini ancora molto vuoti, possono aggiungere a ripetizione. Colpa anche delle case europee e giapponesi, che hanno insegnato cos’è una “piattaforma”. Fai un motore e intorno ci fai tre, quattro o cinque modelli. 

L’unico futuro possibile per le nostre case è concretezza, diversificazione ma soprattutto esclusività. Le moto senza anima e senza personalità sono destinate ad essere fagocitate dal dragone. Anche chi ha un blasone da spendere, come Ducati, se imboccherà una via di semplificazione e industrializzazione di prodotto troppo commerciale, non potrà fronteggiare la marea che cresce

Il punto dolente resta la collaborazione con aziende asiatiche per l’enorme mercato di quelle regioni del mondo, con qualche miliardo di potenziali clienti. Come è noto, le tentazioni sono sempre molto golose… ma poi qualcuno incassa.

 

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