Domenica mattina, la provinciale con il suo traffico festivo scorre verso Lecco e verso il lago.
Procedo lentamente ma sufficientemente veloce da poter superare agevolmente le auto che mi precedono, finché a una rotonda compare Lui.

Sotto di lui una bella Yamaha R1 prima serie, quella con le due gemme rotonde come luci posteriori e stop e quella grossa marmitta sul lato destro, inconfondibile nella sua livrea bianco/rosso.
Lui è un uomo di mezza età, un “Passatello”, insomma uno che ha circa i miei anni, lo capisco dal viso riflesso negli specchietti che spunta da un semplice casco jet.
Maglietta a maniche corte e pantaloncini ma del resto ognuno è libero di fare, e nel caso pelarsi, come vuole.
Il fastidio non è nella sua improbabilità vestiaria legata al mezzo, bensì dal fatto che si piazza a centro strada proprio davanti a me con andatura a passo di auto rallentando di conseguenza la mia e impedendomi ogni sorpasso.
Anche qui non potrei dire nulla sennonché appena la strada si allarga un’ampia manata di gas proietta Lui e la sua Yamaha prepotentemente in avanti in un furibondo sorpasso a sfidare anche le auto in contromano che dura giusto il tempo di tirare una marcia.
Poi di nuovo lì a intralciare la mia lenta ma costante andatura verso il lago.
La cosa si ripete per una decina di volte e una decina di chilometri, finché un motociclista che ci raggiunge dopo un attimo di pazienza, evidentemente minore della mia, lo supera lasciandolo quasi basito.
Come per incanto e quasi dovesse trovare una scusa eccolo fermarsi al primo bar.
Scuoto la testa e finalmente posso continuare al mio passo lento e regolare il mio andare.
Penso al suo abbigliamento, ai rischi che ha corso inutilmente e anche a quella moto, simbolo di potenza per gli anni a cavalli del cambio del secolo e alle mani in cui è capitata.
Non sempre Potenza e Cervello viaggiano insieme.

Flap