Categoria: Dentro al bauletto

 

 

 

“ Non siamo mica gli americani che loro possono sparare agli indiani, Vacca gli indiani……….” Cantava Vasco Rossi nel 1979

 

 

 


Sarà un caso che proprio in quegli anni gli Americani siano arrivati ad invadere anche il Motociclismo?
Il motomondiale, nella massima categoria della “vecchia” 500cc,  ha visto fin dalla nascita la supremazia di Inglesi e Italiani.
Tutto inizio, nel 1949, con Leslie Graham fino al 1977 con Barry Sheene.

 

Tra i vari campioni, Italiani ed Inglesi, Gary Hocking  della Rodesia fu l’unico ad inserirsi, su MV Agusta,  in questi quasi vent’anni di mondiale nel confronto tra due nazionalità.
Ma il 1978 c’è lo sbarco degli Americani, o meglio di quel fenomeno di Kenny Roberts che apre un lungo periodo di dominio dei piloti dì oltreoceano.
Periodo terminato con Kevin Schwantz nel 1993 dal dominio dell'Australiano Mick Doohan.

Solo nel 2000 il titolo tornerà in America con Kenny Roberts Jr, che fantasia nei nome questi Yankee, e poi nell’attuale Moto GP con Nicky Hayden nel 2006.
Un dominio di pochi nomi in realtà, ma di grandi piloti capaci di vincere più mondiali a testa, capaci di dare un’impronta forte al mondiale, quasi un’egemonia, se pensiamo che altri grandi piloti, Randy Mamola in testa, pur non vincendo mai un mondiale è sempre stato protagonista per più un decennio di gare.
In questo festival a stelle e strisce la soddisfazione tutta Italiana di interrompere la serie di Roberts nel 1981 con Marco Lucchinelli e nel 1982 con Franco Uncini e la parentesi Australiana del 1987 con Wayne Gardner.
Gli Americani capaci di sconvolgere il mondo tradizionale delle due ruote, inserendo “lo spettacolo” anche come contorno alla gara, ed esaltando la guasconeria di Agostini e la estrosità di Sheene, capaci di rendere frizzante e goliardico un mondo dove la morte e’ sempre pronta a mietere il triste tributo.

 

 

Ma chi erano questi Americani?
Proviamo a fare un breve profilo di questi grandi campioni.

Kenny Roberts
Al secolo Kenneth Leroy Roberts, nato a Modesto il 31 dicembre 1951, ha corso solo otto stagioni, sempre fedele alla Yamaha, ma sufficienti per conquistare tre titoli nella 500 (1978-79-80).
King Kenny  affinò e migliorò lo stile di guida inventato da
Jarno Saarinen, sporgendosi in curva completamente fuori dalla sella con il ginocchio, debitamente imbottito e protetto, a sfiorare (e spesso a toccare) l'asfalto in curva. Indimenticabile il modo tutto particolare che aveva di festeggiare le vittorie: un giro di pista compiuto in Wheeling , diventato un must per i piloti  seguire. E’ stato il  primo Americano ad invadere il mondo del  motomondiale  e grazie al suo stile, per l’esordio vincente e i successi sulle piste di tutto il mondo venne chiamato dagli addetti ai lavori e dagli appassionati "il marziano".
Smessa la carriera di pilota è rimasto nel circus come team manager inserendo tra i suoi piloti anche i figli Kenny Jr. e Kurtis, il primo campione della 500 nel 2000 con  la Suzuki.

Freddie Spencer
“Fast Freddie” nasce a Shreveport il  20 dicembre 1961, esordisce nel mondiale nel 1980 e l’anno successivo porta in gara nel mondiale l’avveniristica NR500 a pistoni ovali, anacronistico tentativo di Honda di tornare a vincere, nell’era del due tempi, con un motore a quatto tempi.
Nel 1983 vince il suo primo mondiale nella 500, su honda, dopo un serrato duello con Roberts, ma la stagione migliore sarà il 1985, anno che lo vede schierato in due categorie, 250 e 500, e nelle entrambe categorie conquista il titolo mondiale in sella alle moto dell’ala dorata.
Rimanendo ad ora l’ultimo pilota, dei tempi "moderni", a vincere due mondiali in due diverse categorie nella stessa stagione.
Forse a causa dello stress e di una “sospetta” tendinite e altri più o meno presunti malanni porteranno ad una profonda crisi che nemmeno le ultime stagioni in Yamaha, complice un tale Agostini come team manager,  hanno saputo sollevare



Eddie Lawson
Nato ad Upland l’11 marzo 1958
Non un mostro di simpatia, riservato a differenza dei colleghi Americani, ma un grande Pilota, capace di conquistare in dieci anni (1983-1992) quattro titoli mondiali nella 500.
Esordisce nel mondiale nell’1983 e subito l’anno successivo vince il titolo con la Yamaha ripetendosi nel 1986, nel ’87 deve cedere le armi all’Australiano Gardner, ma si rifà l’anno successivo conquistando l’ultimo mondiale con la Yamaha.
L’anno successivo passa in Honda e con la casa Alata fa il poker di titoli.
Torna alla casa dei tre diapason l’anno successivo, ma conclude solo al settimo posto.
Nel 1991 cavalca il sogno di Castiglioni e della Cagiva 500, casa con cui ha concluso la carriera correndo gli ultimi due anni, nell’avventura mondiale della casa Varesina in 500 coglie con la moto dell’Elefantino l’ultima sua vittoria proprio stagione agonistica dell'addio.



Wayne Raney
Nato a Los Angeles il  23 ottobre 1960 pilota di grande classe e di grande sfortuna.
Memorabili le “battaglie” con il rivale Schwantz, di cui Youtube è pieno, e a cui solo la tragedia ha probabilmente interrotto il proseguimento.
Esordisce nel mondiale nel 1989 concludendo al terzo posto con le Yamaha della scuderia di un tale Roberts.
Il 1990 segna l’inizio della sua sequenza di successi conseguitivi, si ripete infatti nel ’91 e ’92
sempre in sella alla bianco/rossa Giapponese.
L’anno successivo è ancora in testa alla classifica a spese di Schwantz ed è lanciato verso il poker,
ma nel gran premio d’Italia a Misano, quando è ancora in testa al mondiale quando, a tre gare dal termine, rimase vittima di un grave incidente, riportando la frattura della colonna vertebrale e la conseguente paralisi alle gambe, finirà comunque secondo, ma finisce anche la sua carriera di pilota.



Kevin Schwantz
Nasce a Paige il 19 giugno 1964, ha vinto un solo titolo nel mondiale 500, ma è ancora oggi ricordato per il suo stile poco ortodosso e la sua guida irruente, che troppo spesso l’hanno visto sprecare occasioni vincenti, se a questo aggiungiamo il valore degli antagonisti, Raney e Doohan per primi, e una Suzuki se pur valida, non sempre all’altezza delle concorrenti abbiamo forse il senso di questo “unico” mondiale vinto nel 1993 appunto con la casa di Hamamatsu.
Kevin ha anticipato la maniera di fare “spettacolo”, tra i primi a dare totale disponibilità alla stampa e, insieme a complici come Mamola, tra i protagonisti di scherzi goliardici, a volte al limite, all’interno del paddock.
Nel 1995 una delle numerose cadute gli procurano un infortunio al polso che lo porteranno al ritiro dalle corse.
Corse che rimangono nella sua vita in qualità di talent scout per la sua Suzuki e che ha scoperto recentemente un certo Spies.
In suo onore il 34, suo numero di gara è stato ritirato dalla F.I.M.

Randy Mamola
Nasce a San Jose il  10 novembre 1959, “l’eterno secondo”, pilota di classe, ma ha avuto la sfortuna di trovarsi davanti dei connazionali fuoriclasse che l’hanno relegato al secondo posto per ben quattro mondiali e al terzo per altri due. Nonostante non abbia mai vinto un titolo mondiale, è
considerato uno dei piloti più talentuosi di sempre, grazie alla sua capacità di controllo del mezzo.
In tredici anni di motomondiale è forse il più longevo dei piloti americani.
Istrionico sempre pronto allo scherzo fino a far infuriare addirittura colleghi e organizzatori ha però saputo conquistare la simpatia di tutti e degli appassionati.
Esordisce nel 1979 gareggiando in due classi (250 Yamaha e 500 Suzuki)
L’anno successivo si concentra nella 500, classe che l’ha sempre visto tra i protagonisti della spettacolo.
Altro primato del simpatico Randy è l’aver gareggiato con tutte le case giapponesi e anche con la Cagiva, di cui ha curato lo sviluppo, conclude la carriera agonistica tornando in Yamaha con un poco onorevole 10 posto, ma ormai Mamola è tra i campioni Americani di diritto.

Poi è arrivata la MotoGP e Nicky Hayden e adesso Ben Spies........ma questa è un'altra storia!

Flap

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