Categoria: Dentro al bauletto
Si la sicurezza, tanto sbandierata in questi anni a suon di campagne, giuste, e proposte di legge, spesso fatte da incompetenti.
La sicurezza passiva, legata all’abbigliamento soprattutto, è stata più lenta rispetto all’evoluzione della moto e delle sue prestazioni, anche se dagli anni ’90 ad oggi l’interesse e la sensibilità di produttori ed utenti ha subito un’impennata.
L’uomo va in moto dagli inizi del ‘900 e dai pantaloni alla zuava con giacca sportiva e cappello si è passati via via  attraverso cuffie in pelle e occhialoni, presi in prestito dai piloti di aereo, alle prime tute in pelle e caschi a scodella fino ad avvicinarci ai giorni nostri con la nascita del casco integrale alla fine degli anni ’60.
Per chi come il sottoscritto ha vissuto l’epoca "pre-casco obbligatorio" è facile fare un confronto.
Salvo "grandi viaggiatori" e piloti per il resto l’abbigliamento era semplicemente quello di tutti i giorni, un paio di jeans, un giubbino se faceva fresco, guanti di fortuna e un paio di occhiali, l’epoca dei ray ban a goccia nel mio caso, per riparare gli occhi.
Il casco era un optional, alcuni nemmeno lo avevano e molti lo usavano solo nei giri più lunghi.

Dal  luglio 1986 il casco fu obbligatorio per tutti sui motocicli, i maggiorenni erano esonerati dall’indossarlo sui 50 cc., come se la testa diventasse più dura con l’età.
Fu una svolta epocale, da molti mal digerita, con addirittura assurde prese di posizione con tesi sulla pericolosità del casco che a detta dei detrattori, toglieva visibilità e limitava la percezione uditiva... ma ad oggi non ci si pone più, giustamente, il problema è diventato parte integrante del motociclista.
Le stesse protezioni, integrate o no nell’abbigliamento, vedono la comparsa al grande pubblico solo verso la fine degli anni ’80, prima i giubbini "tecnici" avevano solo qualche rinforzo tessile nei punti strategici, magari colori richiamanti i piloti famosi, compare la cordura oltre alla pelle, ma su gomiti, spalle e schiena nessuna protezione "vera", stesso discorso per pantaloni, guanti e stivali.
A pensarci adesso, magari riguardando le foto di anni fa, provate a sfogliare i vostri vecchi album fotografici, la differenza da anche solo vent’anni fa ad oggi è abissale.
La stessa cultura della sicurezza è iniziata tardi, se pensate che il paraschiena è stato "inventato" alla fine degli anni ’90 e solo negli ultimi anni è stato pubblicizzato e promosso dai media e dai motociclisti stessi, basti pensare che solo fino a un paio d’anni fa non era obbligatorio nemmeno in pista.
Ora il panorama abbigliamento offre la possibilità di limitare i danni nel caso di caduta o incidente, le case propongono caschi ed accessori sempre più sofisticati e sicuri, ma spesso noi motociclisti siamo ancora restii.
Per molti il paraschiena è ancora un fastidio, i guanti e i giubbini tengono caldo i le protezioni sono scomode... salvo poi ricredersi quando questi sarebbero serviti.
Basta a volte una banale scivolata per procurarsi fastidiose abrasioni che con un minimo di protezione sarebbero evitabili, e spesso un giusto abbigliamento limita danni e a volte salva la vita.
Il "guru" delle prove su strada Nico Cereghini ha un suo motto;  "casco in testa bene allacciato, luci accese anche di giorno e prudenza sempre"... per i primi due ormai siamo obbligati, per la prudenza mettiamoci del nostro, magari con qualche protezione in più.

Flap

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