Categoria: Biker World



“Passione continua”
Il verde Racing, quello tanto caro a Peppino Pattoni per molti è una nuova scoperta abituati ad abbinare il colore dell’erba a una delle sorelle Giapponesi.


Eppure questa casa Milanese ha tanta storia alle spalle e un presente che vuole continuare una tradizione sportiva fatta, oggi come allora, di sacrifici e tanta passione.
L’associazione Ciapa la Moto ha avuto così dedicare una serata alla Paton per raccogliere gli appassionati che la conoscono e nello stesso tempo presentare ai giovani una storia fatta di glorie e avventure in un mondo del motociclismo ormai lontano.
Chi meglio di Nico Cereghini poteva fare da narratore di questa storia raccogliendo, insieme all’esperto Maurizio Tanca le testimonianze di alcuni personaggi che sono diventati simbolo della Paton.



Primo tra tutti Roberto Pattoni che ha seguito le orme del padre Peppino e ha proseguito la strada anche quando il motore del “Pepin” si è spento per sempre nel 1999.
Quel Giuseppe Pattoni che nel lontano 1958, insieme a Lino Tonti, fonda la Paton (il nome deriva dalla “fusione” dei cognomi dei due fondatori Pattoni Tonti) trasformando da monoalbero a bialbero alcune Mondial 125 dopo la chiusura della casa Milanese, avute come “Liquidazione” dal Conte Giuseppe Boselli.
La competitività della moto permise nel 1958 a un esordiente Mike Hailwood di chiudere il TT al 7° posto e di vincere il GP a Silverstone.
Negli anni successivi il motore cresce di cilindrata e acquista un cilindro in più, prima 250, poi 350 fino ai 500 cc del 1966, il motore sicuramente più amato e capace di dare soddisfazioni a Pattoni.
Oltre al citato Hailwood alla guida delle Paton si sono cimentati grandi nomi del motociclismo come Alberto Pagani, Fred Stevens, Angelo Bergamonti, Franco Trabazzini e Billie Nelson che regala un prestigioso 4° posto nel mondiale nel ’69.
Gli anni settanta sono anni di fatica per la Paton nonostante i buoni risultati nel campionato Italiano di Armando Toracca e l’arrivo di un promettente Virginio Ferrari, l’ultimo a portare in gara la 500 bicilindrica.



Il Pilota Milanese scalda la serata con aneddoti di quegli anni che coinvolgono un allora quindicenne Roberto Pattoni che cominciava ad annusare il profumo della benzina e della miscela.
Proprio in quegli anni, dal 1976, anche Peppino Pattoni si converte al due tempi per cercare di contrastare il dominio delle Giapponesi che hanno nel frattempo invaso il mondiale.
La V 90 BM4 però ha scarsi risultati fino alla decisione di ritirarsi dalle corse.
L’ardente passione però non si spegneva sotto le braci e nel 1983 viene presentata la RC progettata da Pattoni insieme al figlio Roberto.
A questa succederà la V 115 C2 che sfiorerà il titolo europeo con Vittorio Scatola, anche lui presente a questa serata a raccontare soprattutto l’umanità e la passione con cui i “Pattoni” (Padre e figlio) portavano avanti il progetto ambizioso di sfidare i colossi Giapponesi nel motociclismo moderno, unico esempio fino all’arrivo della Cagiva qualche anno più tardi.
Nel 1997 l’IRTA interrompe il sogno mondiale rifiutando l’iscrizione delle Paton che parteciperanno solo a qualche gara come Wild card.
Roberto Pattoni tiene duro anche dopo la morte del padre e nel 2000 presenta la PG 500 R che si schiera in qualche gara del mondiale con Paolo Tessari.
Il rifiuto dell’IRTA anche nel 2001 di iscrivere la scuderia al mondiale, nonostante la partecipazione ad alcune gare, fa decidere all’abbandono nel 2002 di abbandonare l’avventura Mondiale segno dei tempi che cambiano e del “Circus” che perde sempre di più quella vera emozionale passione trasformata in qualcosa di calcolato e quasi asettico.
Ma la storia continua e a raccontarla è lo stesso Roberto che inizia nel 2004 la produzione della replica della 500 bicilindrica del 1968 che torna così a correre al Manx Grand Prix e nel Senior TT e nelle gare.
Il presente è la bella S1, la prima Paton stradale, che fa da cornice a questa serata e agli ospiti presenti.
Bella con quelle tabelle gialle tipiche della classe 500 di un tempo a contrasto con il tradizionale verde che acquista una finitura metallizzata.



Si può così sopportare il fatto che il motore sia derivato dal 650 bicilindrico Kawasaki, ancora il verde presente, che permette un’economia di produzione e di affidabilità ottimali pur avvicinandosi molto all’architettura del 500cc Paton che equipaggia le sorelle in catalogo, destinate alle competizioni per moto classiche, la BL3 R e la BM3 R rispettivamente riedizioni delle moto del 1968 e 1973.
Tutte fatte a mano in Italia.
Una serata scivolata veloce al ritmo del motore vissuto sulla pelle e nei racconti dei protagonisti, quel verde Racing che attira l’occhio e quella bellezza leggera che porta la voglia di correre, la stessa che si percepisce nei sussurri di molti presenti che esprimono il sogno di impugnare quel manubrio che porta il nome Paton.

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