Era il secolo scorso, c’era il Motomondiale con quelle cattivissime 500 due tempi, parlo naturalmente dei tempi che ho fatto a tempo a vivere da spettatore, quindi relativamente recenti, diciamo dagli anni ’80 in poi.
Anni dominati dagli americani capaci di mettere la bandiera a stelle e strisce tra le maggiori rappresentanti dell’albo d’oro; un dominio interrotto nel 1981 e 1982 da Marco Lucchinelli e Franco Uncini, con gli australiani Wayne Gardner, nel 1987 e poi dai cinque titoli (1994 - 1998) di Michael Doohan.
Poi in fila Alex Criville, Kenny Roberts Jr e Valentino Rossi che chiudeva l’epoca delle due tempi e le traghettava, vincendo poi, direttamente nella MotoGP nel 2002.
Eppure nella mente di noi appassionati invece di Criville e Roberts Jr rimangono più impressi nomi come Kevin Schwantz, anche lui con un solo titolo mondiale nel 1993 e l’eterno secondo (1980 - 1981 – 1984 - 1987) Randy Mamola.
I due funambolici americani sono stati per anni, e lo sono ancora, amati e conosciuti anche da molti all’esterno del settore, sono diventati qualcosa che si avvicina al mito.
Ancora oggi quel 34 significa velocità, guida esuberante e spettacolare e il video del “Rodeo” a Misano nel 1985 è tra i più cliccati sul Youtube.
Un mito che va oltre l’albo d’oro dove il titolo rimane negli annali, ma i ricordi degli appassionati vanno oltre i numeri.
Riusciranno ai tempi della MotoGP a lasciare un segno indelebile anche i campioni 2020 Joan Mir e 2021 Fabio Quartararo o rimarranno “solo” i vincitori di un mondiale?![]()