Il motociclista supera le code, lo sappiamo, è il nostro dna, le superiamo a destra, a sinistra… qualche volta anche al centro, ma non siamo dei furbetti.
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Per chi accoglie davvero lo spirito del vero motociclista, non chi sale in sella per andare dal punto A al punto B, un modo diverso di vivere il rapporto con il mondo e la società civile dovrebbe essere la stella polare. Perché essere il “furbetto della coda”, in macchina come nella vita, è un marchio deprecabile ed indelebile.
Ma poi, a dirla tutta, quanto lo amiamo? Lui, il “furbetto delle code”, fa parte della flora e della fauna non solo delle strade, ma della vita. Un agile ginnasta impegnato a scavalcare, dribblare, volteggiare persino, in una vita fatta di sani convincimenti: una stretta di mano? Vale quei pochi secondi che è durata. Uno sforzo comune verso un obbiettivo? Sopravvalutato. Si gioca con regole alla pari? Lui ha sempre scelto dispari.
Il furbetto, lupo tra le pecore, o volpino da passeggio?
Ma dobbiamo continuare ad amarlo, lui non vìola le regole, non prevarica il prossimo, è che si sente solo un po’ fantasista, chiuso in questa gabbia di regole, che altri tristi individui decidono liberamente di seguire e lui no… che poi è una bella comodità. Approfittare delle buone intenzioni altrui, è così corroborante. Perché diversamente fare il furbetto in mezzo ai furbetti è sport difficile, si sgomita, surclassato da fantasista più abile, o magari ostacolato da bieco individuo che difende i propri diritti. Credersi lupo, predatore, e risvegliarsi volpino al guinzaglio, fa davvero male a quell'ego steroideo. E allora si infervora, si accalora, perché il “furbetto delle code” è animale aggressivo se messo alle strette, arriva addirittura ad enunciare discorsi focosi su onestà, correttezza e rispetto, tutti argomenti di cui si è ben documentato.
Nella vita come sulle strade, noi motociclisti dobbiamo essere migliori. In quei video dove sono ripresi gruppi di bikers, rudi nell’aspetto, ma splendidi nell’animo, capaci di bloccare il traffico per aiutare chiunque sia in difficoltà, lì dovremmo ritrovarci, perché possiamo essere più contagiosi del “furbetto delle code”.
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