Il talento di Vasto torna alla vittoria nei giorni in cui l’Italia dello sport è di nuovo nel mirino della WADA e in molti si interrogano se il rigore non sia sfociato in fanatismo.
E’ stato un percorso faticoso e per nulla scontato nel risultato, Andrea Iannone in questi quattro anni di squalifica ha navigato come stesse affrontando un mare in tempesta, certamente con tanti momenti di sconforto, ma anche con la fede che alla fine di quel mare burrascoso ci fosse ancora il porto sicuro di quella grande passione che sono le gare motociclistiche. Quattro anni inflitti dalla Wada per essere stato trovato positivo ad una contaminazione alimentare da drostanolone dopo la gara MotoGP della Malesia nel 2019, la sola contaminazione confermata dopo processi e appelli al TAS, che lo hanno sempre visto perdere, con il peso del raddoppio di pena per aver creduto fermamente nella sua innocenza.
Ad Aragon non ha vinto solo Andrea quella Gara1 della Superbike, ma l’hanno vinta un numero di persone imprecisate, che in questi lunghissimi quattro anni hanno continuato a credere in lui, a credere che il suo talento meritasse ancora una chance. Quattro anni sono un lasso di tempo infinito per uno sportivo, ci sono piloti che dopo un solo anno di stop, non sono più in grado di mettersi al passo. Ma Andrea ci ha creduto, ci ha creduto tanto, in sé stesso, nella sua passione, in una nuova alba.
Sono scorci di sofferenza di una vita sportiva fatta anche dei dolori di una caduta o di un infortunio, oltre di grandi guadagni. Vite e sogni che possono essere spezzati o messi sul banco degli imputati da un’organizzazione come la Wada, creata e pagata dagli stati per difendere lo sport dal pericolo e dalla mistificazione del doping.
Ma questo progetto funziona ancora?
In queste ultime settimane un altro nostro campione, Jannik Sinner, si trova sullo stesso percorso. Per capire oggi cos’è la Wada bisogna ricordare che la ITIA, l’organo del tennis che si occupa di difendere il Tennis dal doping aveva deliberato con una commissione di tre esperti riconosciuti a livello mondiale, l’innocenza di Sinner non solo dall’accusa di doping, ma anche da quella di negligenza. Vale a dire non aver fatto abbastanza per impedire l’assunzione volontaria o involontaria di sostanze dopanti.
Per quale motivo il Tennis si è voluta affrancare dalla Wada creando un suo organo di monitoraggio del doping? Forse il tennis ritiene che la Wada potrebbe aver perso il senso della sua missione, arrivando a considerare una specie di guerra santa quella che le è stata affidata?
Chi monitora la Wada? Chi controlla il controllore?
Da difensore dei giusti e onesti risultati dello sport, oggi sembra inciampare nell’effetto esattamente contrario. Secondo Wada, uno sportivo dovrebbe sapersi difendere da qualsiasi fortuito contatto con una sostanza dopante, fosse anche un bicchiere d’acqua in un ristorante, diversamente va considerata negligenza. Una negligenza che secondo la Wada comporta una pena che appare incredibilmente sproporzionata, nel caso di Sinner, ma come fu anche per Iannone, una sospensione daa 1 a 2 anni. Parliamo di bloccare la carriera di uno sportivo da 1 a 2 anni per un contatto fortuito con una sostanza che per essere dopante dovrebbe essere somministrata in quantità e intenzionalmente. Ma tutto il nostro codice penale non si basa sul principio che le pene devono essere commisurate al reato?
Questo modo eccessivo di intervenire, non altera i risultati sportivi?
Gli stati che sovvenzionano la Wada, in gran parte quelli europei, dovrebbero forse iniziare un percorso di profonda riforma. La sua funzione di censore potrebbe sembrare ai più una specie di santa inquisizione, quando diversamente sarebbe il momento di pensare ad un ente capace di distinguere in modo certo le contaminazioni dalle assunzioni, nelle rilevazioni come nelle pene da infliggere, e svolgere una funzione più alta, capace di dare una direzione morale allo sport e agli atleti.
La Wada potrebbe essere diventata anacronistica? E’ superata? Una presa di coscienza è necessaria, lo sport e gli atleti non pssono attendere.