Categoria: La moto in rosa

02 - Il passato e il presente

Finalmente 14 anni: avrebbe potuto avere il suo motorino, nuovo stavolta e non di seconda mano e sarebbe stato il regalo per la promozione di terza media se avesse avuto ottimi voti. Lei ovviamente ce la mise tutta e ci riuscì e cominciò il pellegrinaggio da un concessionario all’altro per confrontare prezzi e modelli. Alla fine la scelta cadde su quel Garelli: lei se ne innamorò a prima vista perché stava lì, lucido con quel bel colore rosso acceso e il papà non ebbe il coraggio di negarglielo.
Nel quartiere non c’era nessuna femminuccia con il motorino, tutt’al’più si facevano portare dagli altri ragazzini sui Ciao e, raramente, su qualche 125. E forse fu proprio questo il motivo che la portò a fare una scelta diversa dal solito,perché  non le piaceva omologarsi alla massa o seguire le mode.
Nei primi giorni non si avventurò mai oltre l’isolato, provando e riprovando freni, acceleratore e curve. Con quei capelli corti sembrava proprio un maschiaccio e non aveva nulla da invidiare agli altri ragazzetti che passavano rombando nelle ore più calde della giornata per le vie del quartiere. Poi giorno per giorno, si avventurò sempre di più, imparando nuovi percorsi che la portavano sempre più lontano dalla monotonia della vita di borgata.
Il suo rosso amico le fece scoprire Roma d’estate e non le importava se era sola. Si godeva quella prima stagione in sella ad un motore, anche se piccolino, sognando già di poterne avere al più presto uno più potente. Il senso di libertà che le dava il suo rosso era indescrivibile e fu la prima volta che sperimentò la gelosia. Solo a pochi era concesso di salire con lei e le volte in cui fece guidare qualcuno furono molto rare. Una di queste eccezioni la fece per un ragazzino che le piaceva molto: a lui concesse il privilegio di fare da primo pilota e riservò per lei il ruolo di passeggero. Durò pochi chilometri perché lui, inesperto, prese una curva malamente e caddero tutti e due. Niente di grave, ma vedere il suo garellino con i graffi la fece diventare furiosa e quando si rese conto che a parte qualche striatura non era accaduto niente di grave mollò lì il suo cavaliere e se ne tornò a casa.
Quanti chilometri macinati sul quel cinquantino. Ci andò anche al mare qualche volta, unica femminuccia del gruppo, come spesso le accadeva. Poi gli anni passarono e cominciarono ad affiorare nuove esigenze e il suo bel rosso sbiadì piano piano, in un angolo del garage. Stava crescendo e, forse, rinunciando alle due ruote cominciava a rinunciare anche ad una parte della sua libertà.
Molti anni dopo ricordò tutto……
La prima volta che aveva preso in mano quel motorino aveva provato una sensazione bellissima. Non era paragonabile ad una corsa sfrenata in bicicletta sui prati davanti alla casa nè a quando in auto metteva il viso fuori per sentire quelle sferzate d'aria sul volto e sulle mani. Qui era lei a decidere come guardare il mondo perchè poteva modulare la velocità passando dal nulla al tutto. Eppure era solo un cinquantino rimesso a posto da suo fratello e anche troppo alto per lei. Ogni volta che si fermava doveva piegare e poggiare le punte dei piedi per non cadere, ma una volta dato gas che felicità. Passava ore e ore a gironzolare per le vie del quartiere o sui prati, spesso in piedi per ammortizzare le buche che nemmeno evitava. Non cadde neanche una volta e per anni non conobbe mai la paura.
Poi un giorno qualcosa era cambiato. Non aveva voglia di prendere il solito autobus all'uscita del lavoro e chiese al suo collega di portarla in moto. Lui non fu molto contento perchè era piovuto ed aveva fretta ma alla fine l'accontentò. Erano quasi arrivati quando si ritrovò incastrata sotto la moto senza avere avuto neanche attimo per capire cosa fosse accaduto. Per fortuna nulla di grave ma sembrò come se qualcosa si fosse rotto dentro di lei. Avrebbe tanto voluto tornare a provare quelle sensazioni di quando era una ragazzina spericolata, ma ogni volta che si avvicinava ad una moto l'assaliva la paura e allora le accarezzava con nostalgia sperando sempre di trovare la forza per rimontare in sella di nuovo.
Tanti anni dopo, in una giornata di mezza estate, qualcuno le mise in mano un casco e una giacca e le disse sali. Si vergognava troppo per dire di no e così con un pò di fatica salì. Quando sentì il motore girare smise di respirare e chiuse gli occhi. Si strinse forte al suo pilota e chiuse d'istinto gli occhi, ma si rese subito conto che era peggio. Il cuore le batteva ad una velocità incredibile, le faceva quasi male. Odiava essere rinchiusa in qual casco e non sentire il vento sul viso. La mani erano quasi contratte e alla prima curva si vide già sull'asfalto.

Allora pensò al cielo, alle correnti d'aria da cui si facevano trascinare le aquile ad ali spiegate e tutto sembrò cambiare. Riconobbe i diversi colori del bosco e del lago, le case e le vie di quei paesini di montagna. Restò incantata dai movimenti delle altre moto. Si scoprì a guardare il mondo a velocità alternate: i rettilinei, le curve, i tornanti. Scoprì anche di poter ascoltare i suoni del mondo, ovattati dal casco, ma pieni di alti e bassi. Si accorse quasi per caso che le sue mani non erano più contratte e che si muovevano nell'aria, quasi a voler prendere qualcosa. La morsa sul suo cuore piano piano si allentò e cominciò a ridere. La paura, per anni sua compagna, si era di nuovo nascosta in un angolino dentro di lei. Sapeva che non sarebbe mai scomparsa, ma come altri elementi faceva parte del suo essere ma non la possedeva più in modo così prepotente. Quando giunsero alla loro metà sentì che la voglia di provare nuove emozioni stava dilagando dentro di lei. Scese quasi saltando, si tolse il casco, sciolse i capelli e rise forte. La ragazzina era di nuovo viva.

Linda

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