Un casco nero a terra
La coda è ferma con quattro frecce accese, mi incolonno premendo il rosso pulsante, questa volta sono anche io su quattro ruote.
Scendo per capire il motivo e vedo un corpo riverso a centro strada, la moto cento metri più avanti ferma su un fianco come un cavallo ferito.
Un capannello di gente attorno attendendo l’arrivo dei soccorsi, qualcuno sussurra “è messo male”.
Mi avvicino giusto quel tanto per vedere sperando di non riconoscere nessuno ma mentre lo faccio mi rendo conto che poco importa chi ci sia sotto quel casco nero.
La striscia di sangue inizia molto prima di dov’è il corpo segno che la scivolata è stata lunga e che la mancanza di abbigliamento tecnico si è avvertita ma anche questo ora poco importa.
Non capisco come sia successo, una curva lunga, quasi un rettilineo, e apparentemente nessun contatto con nulla.
Sono pensieri che corrono senza importanza, me ne accorgo solo a mente fredda, ma in quel momento cercavo forse una logica a questa caduta, una sorta di spiegazione per scacciare il pensiero che possa capitare anche a me.
Il motociclista giace faccia terra con le membra in posizione disarticolata e innaturale, ma sento che gli parlano, vedo le gambe muoversi lentamente e un leggero sollievo arriva.
La sirena dell’ambulanza si sente in lontananza, inutile indugiare con triste curiosità, riprendo l’auto e scelgo una strada diversa che allontani la sensazione di paura, penso a quanto dovrò stare più attento, a vestirmi in maniera adeguata ma soprattutto un pensiero corre al Motociclista con l’augurio che possa tornare presto a correre nel vento.
Flap
