“Miwa! Lanciami i componenti!”
Delle quattro sorelle Giapponesi Kawasaki è quella che più delle altre ha sposato la linea “Manga” nelle sue moto.
Linee tese, affilate come spade, Giapponesi appunto, che sprigionano sportività.
La serie Z è poi quella che maggiormente segue questa filosofia e con questa 1000 dal muso minimalista proteso verso la strada ne esalta il richiamo a queste scelte stilistiche.
Ultima arrivata della famiglia con un ABS ormai indispensabile sulle moto da usare per strada, soprattutto quando i freni sono così efficienti e le nostre strade così disastrate.
Iniezione e null’altro, niente Traction control o mappe motore, una moto volutamente ignorante, ma dalla grande sostanza come qualità sia dinamiche che prestazionali.
Estetica, quasi da Trasformer, concentrata nella zona centrale piena da dove sfugge un filante codino a punta che ingloba il fanale posteriore a Led e sostiene una bella sella comoda anche se poco imbottita con una giusta altezza.
Davanti, sotto la ridotta ma completa strumentazione, c’è il sistema di fari a Led che caratteristica il frontale di questa aggressiva Z facendola assomigliare a un felino pronto a scattare.
Due stilosi e stabili specchietti in alluminio spuntano dal manubrio riflettendo il panorama che scompare velocemente alle spalle.
Due grossi scarichi sdoppiati segnano l’estetica a fianco della grossa ruota posteriore da 190, sicuramente le norme anti inquinamento obbligano a questi volumi ma Kawasaki da tempo ci ha abituato a un’estetica decisamente particolare che piace o non piace senza vie di mezzo.
La seduta è comoda, manubrio largo il giusto e il grosso serbatoio che sovrasta i quattro cilindri da stringere tra le gambe.
Pedane alla giusta distanza e leve, regolabili, esattamente dove ci si aspetta siano.
Basta un po’ di strada per prendere confidenza e per capire che il contagiri è diviso in due livelli, una linea verticale a sinistra fino a 4000 giri e poi una barra orizzontale che corre fino al fuorigiri che si protende oltre i 10000 giri.
Qualche curva e le colline Imolesi diventano un parco giochi dove il preciso cambio permette di trovare sempre il rapporto giusto per una guida sportiva e grintosa.
Cambio se si vuole superfluo visto che in sesta si può scendere fino a 1500 giri e riprendere con vigore senza incertezze come con un gran bel motorone monomarcia se si vuole passeggiare rilassati.
Basta però scalare qualche marcia e dare gas con vigore per ricevere una spinta vigorosa con l’anteriore che si alleggerisce fino ad alzarsi con decisione se si esagera.
Del resto i cavalli dichiarati sono 142 e la coppia è di 111 Nm.
Sospensioni rigide e secche sulle strade imperfette della provincia ma capaci di una precisione e coerenza notevoli.
Si fa guidare bene, di corpo, non subisce, vuole essere portata, non solo portare, però non è faticosa, almeno non ci è sembrata in questo breve test.
La frenata poi è imbarazzante, le pinze radiali mordono le due grosse “Margherite” all’anteriore e anche il posteriore è ben dimensionato.
La risposta è decisa e immediata, quindi ben venga l’ABS che potrebbe aiutare in caso di “Panic-Stop”, di fatto non si è mai inserito durante il test, ma come spesso accade per i sistemi di sicurezza risultano inutili finché non se ne ha bisogno.
Si guida con davanti solo la strumentazione e null’altro che l’asfalto che viene inghiottito dalla ruota anteriore sempre più velocemente, con una sensazione di forza e agilità che ci accompagna nei saliscendi delle colline che sfuggono veloci regalando dolci panorami che contrastano con le linee affilate di questa Z1000 che sembra proiettarsi direttamente nell’azzurro quando la curva punta al cielo.
In quei momenti ci sentiamo come Jeeg Robot pronto a ricevere i componenti!
Per le caratteristiche tecniche rimando come sempre al sito Kawasaki
Moto messa a disposizione da Scuderia Platini
Abbigliamento utilizzato: Casco HJC RPHA10 Plus Carbon – Giacca e Guanti Jollisport – pantaloni Promojeans Legend – Paraschiena Zandonà – scarpe TCX – intimo e calze Sixs
Flap
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