Categoria: Letture su due ruote

"Torna a far parlare di se il Joe Bar Team."

Il JBT è un fenomeno editoriale e commerciale irripetibile, molti  e svariati gli oggetti marchiati con il celebre marchio, segno che l’ironia e le caricature sul Nostro mondo dueruotistico hanno colto nel segno. (il primo capitolo su amotomio qui )
Proprio l’umorismo e l’atmosfera che BAR2  (Christian Debarre) ha saputo creare, insieme alla sua precisa osservazione dell’ambiente motociclistico degli anni ’70 lo portano alla notorietà e alla possibile stesura di un sequel.
Ma BAR2, al culmine del successo del primo volume, cede la mano al suo collaboratore FANE (Stephane Deteindre) che accetta la sfida riuscendo a produrre oltre al secondo volume anche il terzo e il quarto.
FANE, più giovane di BAR2 , avuta carta bianca dal suo Delfino, cambia epoca e generazione, i “nostri” protagonisti sono trasportati negli anni ’90 con nuove cavalcature e con tre nuovi personaggi da “istruire”  e da sfidare.
Infatti nella prima striscia si rinnova la sfida, parafrasando Ed il Polso della prima, con Paulo Gas che dice “i motorini dei nani e i bidet di plastica mi fanno schifo!”….e sono già al semaforo.


Semaforo che vedrà dopo qualche striscia, nel terzo volume,  protagonisti tutti i personaggi in una sorta di sfida generazionale nella vetrina di sempre che è il Joe Bar.
Dei tre volumi il migliore resta il terzo, che esce dagli schemi del secondo, in fondo un proseguimento poco maturo del fantastico predecessore, ed acquista maturità grafica ed umoristica.
Il quarto diventa un inutile proseguimento commerciale, ormai fiacco, seppur sempre piacevole e divertente.
Sono in seguito usciti il quinto e i sesto volume, il primo dei quali probabilmente una raccolta di strisce di BAR2 mai pubblicate prima e l’ultimo un ulteriore tentativo di dare lustro al JBT da parte di FANE, entrambi i volumi divertenti ed immancabili in una libreria motociclistica, ma lontani dalla freschezza e dalla spontaneità del primo indimenticabile “Joe Bar Team”.

I nuovi protagonisti:

Le moto del JBT:

Eduard Bracame (Ed il Polso):

HONDA CB 750 Four: nel 1969 la Honda stupì tutti gli appassionati presentando un quattro cilindri di grossa cubatura, soluzione tecnica e prestazionale rivoluzionaria per quei tempi.
Imponente ed impressionante aveva poca luce a terra arrivando presto a strisciare i carter nelle pieghe estreme, inoltre, nonostante la presenza di serie dei freni a disco all’anteriore, aveva un frenata non sempre all’altezza.
Ma le prestazioni di riferimento e l’affidabilità, insieme ad un impatto visivo che ha turbato il sonno di molti, hanno contribuito al declino delle maxi inglesi ed italiane dal mercato.
La Honda di “Ed il polso” è modificata nello scarico, monta un 4 in 1, e nella sella, modifiche comuni negli anni ‘70

HONDA CB 1000 BIG ONE: l’enorme big one, con i suoi quattro cilindri in linea,la sella ribassata e l’imponente manubrio sono l’espressione del pensiero di evoluzione di Ed della sua Four del ’75.
Il richiamo alle moto vittoriose nei campionati U.S.A. è forte, solo i raffreddamento a liquido e alcune altre modernità ciclistiche tradiscono l’età del mezzo che nelle mani di Ed ha la stessa imprevedibile efficacia della predicente.

Guido Blasetti (Pepè):

DUCATI 900 SS: una moto che faceva sognare gli appassionati, una moto da pista da usare su strada, il suo bicilindrico a L progettato da Taglioni unico come personalità unito a uno splendido telaio la rendevano rigida, rigorosa e stabile.
Nomi come Read, Smart e Hailwood che con questo motore hanno vinto accrescono il prestigio di una moto che no poteva mancare nel JBT.

DUCATI 900 SS: stessa sigla, ma vent’anni di meno, stesso schema di motore, ma evoluto per mantenersi al passo coi tempi unito ad un telaio a traliccio di riferimento ancora ai giorni nostri.
Guido, in omaggio alla sua “vecchia” SS ha scelto la versione Semicarenata.

Jean-Raul Ducable (Jeannot la Rotella):

KAWASAKI 750 H2: negli anni ’70 le  tre cilindri della casa nipponica promettevano promettevano velocità e prestazioni incredibili, il 750 era in grado di raggiungere i 200 km/h che nel ’75 era quasi un record.
Una moto temutissima dagli “avversari”, ma anche dagli stessi piloti per la frenata e la tenuta di strada non certo di riferimento.

SUZUKI GSX-R 750 W: Jeannot tradisce la Kawasaki prima con Yamaha RD500 e Suzuki 500 gamma, moto a due tempi come la sua H2, ma dopo essere tornato “in casa”  con una ZXR750R sceglie definitivamente la 750 di Hamamatsu, moto più godibile anche su strada e capace di un perfetto equilibrio ciclistico prestazionale, rimangono in omaggio al passato il giubbotto in pelle verde e il casco integrale bianco.

Jean Manchzeck (Joe Ragazzata):

NORTON 850 COMMANDO MK1: è l’erede più affidabile della commando 750 della fine degli  anni ’60. Peter Williams e Bob Trigg hanno curato e reso mitica questa moto rendendola oggetto di culto fin dalla presentazione.
Eleganza stilistica e di guida, motore bicilindrico pieno di coppia hanno acceso il cuore di molti appassionati di moto inglesi come il nostro protagonista.

TRIUMPH 900 DAYTONA: riposta nel box la vecchia Commando Joe Ragazzata ha scelto la carenatissima Daytona in grado, grazie al suo prestazionale e moderno tre cilindri, di esercitare fascino e regalare prestazioni degne della casa d’oltre manica.

Paul Posichon (Paulo Gas):

YAMAHA XTE 600 SM: dopo il cinquantino da corsa su cui si è fato le ossa, anche in senso fisico, Paulo ha scelto questa “enduro, modificata nella ciclistica per renderla più adatta alla sua propensione verso la strada. L’agilità del mezzo e la vivacità del suo monocilindrico, seppur poco potente, la rendono temibile in città e sui percorsi movimentati.

Pierre Leghnome (Pierrot la Faina):

YAMAHA 1200 VMAX: dallo scooter (chiamato bidet di plastica nel vol. 2) delle prime esperienze Pierrot passa direttamente alla 1200 VMAX, praticamente una brucia semafori un concentrato di acciaio mosso da un potente motore 4 cilindri a V capace di accelerazioni brucianti che richiedono braccia poderose, ma anche un cuore forte per sopportare una tenuta di strada aleatoria e una frenata decisamente poco efficace.
Pesante e difficile, ma di grande impatto visivo, sa regalare emozioni forti a chi è in grado di impugnare degnamente la manopola del gas.

Jeremie Lapuree (Jeje la Vipera):

HARLEY DAVIDSON 883 SPORTSTRACK:  Jeje passa dal Dax Honda (motorino dei nani sempre nel vol.2) alla HD 883 Sportstrack importata direttamente dagli USA. Replica della 750XR che spopola negli ovali Short-track d’oltreoceano questa moto è di fatto una 883 potenziata nel look e nelle prestazioni.
Nata per  derapare sugli ovali, grazie anche al forte temperamento del motore, nelle mani di Jeje diventa un’arma micidiale, quanto pericolosa.

Frasi storiche (direttamente dal vol. 6 di JBT)

“la scarpata non ama aspettare troppo” 
Guido Blasetti
“la regola della curva perfetta è: esterno, interno e non posteriore, anteriore, posteriore”
Jean Raul Ducable
“un cane vivo ha più ciance di un leone morto”
Edouard Bracame
“è più facile torcere una manopola che raddrizzare un telaio”
Jean Manchzeck
“meglio restare coinvolti in una caduta sul circuito che restare incastrati in una fila sul viale”
Paul Poshicon
“sono meno da temere cento cavalli sotto la sella, che un asino seduto sopra”
Jeremie Lapuree
“manopola bloccata, sella bagnata”
Pierre Lafouine
“meglio scendere di moto da campioni che salirci da coglioni”
Joe
“….e comunque meglio rimetterci la faccia che le ossa”
Nonoz (un amico di Joe)

Buona lettura.

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