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Categoria: La moto in rosa

07 - BOIA CHI MOLLA!!!

Rivedo ancora la Lotus John Player Special e la Tyrrel a sei ruote, che mi sembravano sempre troppe. Avevo circa quattro anni e restavo incantata dal rumore dei propulsori, era come un secondo battito che si aggiungeva a quello del mio cuore. Stavo con mio padre, sul divano di pelle del salotto, che d’estate si appiccicava addosso e quando cominciavano le gare, per entrambi non esisteva altro. Formula 1 e moto, un binomio che non ci ha mai abbandonati. Oggi quei momenti sono un po’ confusi nella mia testa, tra date, nomi, duelli spettacolari da ricordare, ma tutto questo è dentro di me da qualche parte. E sarà lì per sempre. Così ha preso forma la mia passione per i motori, fin da piccola.
Un anno dopo è nato mio fratello, uno smanettone iperattivo ed infaticabile. Distruggere e smontare qualsiasi cosa gli capitasse sotto, compresa l’intera collezione dei miei modellini di macchine di F1 a cui ero legatissima , era il suo passatempo preferito. All’età di nove anni si costruì il suo primo go-kart, utilizzando un motore 125 da cross e senza blocco d’avviamento. Partiva a rincorsa, innestando la prima e saltandoci sopra al volo.
La mia vita su due ruote la devo a lui, perché mi ha trasmesso il coraggio di ascoltare la mia anima biker e mi ha convinta a salire in sella per la prima volta come zainetto sul suo Suzuki RM 125, col quale, in più di un occasione, sono riuscita a sperimentare cosa significa farsela addosso, incollata come un francobollo al telaio e al fratello con tutta la mia forza.
Poi vennero una Honda CR 250, la sorella maggiore CR 500, più alta e sulla quale per tenermi mi occorreva l’appiglio del cielo. Ero troppo piccola e s’andava da dio!
Gli sterrati del Po impararono ben presto a conoscerci meglio, così come i Carabinieri della zona, ai quali sfuggivamo puntualmente, rifugiandoci nei boschi e aspettando il momento propizio per ricomparire senza rischi.
Via anche la terza japan e mestamente mi arrendo ad un passaggio sabbatico ad un’Aprilia Tuareg 125. Il più grosso serbatoio che avessi mai visto fino ad allora. Ci sono salita poche volte, perché lo studio cominciava ad impegnarmi a tempo pieno, ma la voglia di moto non si placava.
Ero sempre senza un soldo in tasca. Le poche lire che riuscivo a racimolare mi bastavano appena per materializzare l’illusione di possedere un giorno una due ruote mia, ma avrei dovuto attendere  ancora parecchio e sperare nella fortuna di trovare davvero un buon lavoro, per realizzare il mio più grande desiderio.
A luglio del 1991 mi ero diplomata in ragioneria, dopo un periodo tormentato e fitto di dubbi sul mio futuro. Mi ero resa conto che l’obiettivo raggiunto non era quello che desideravo e questo mi portò ad attraversare una fase personale durissima, che fermò i mie progetti per un altro anno e mezzo.
Iniziai a lavorare a Milano e diventai uno dei tanti pendolari perennemente incazzati sulla linea Alessandria – Milano P.G. Non c’era giorno in cui non incappassimo in qualche inconveniente di viaggio. Furono cinque anni di vagabondaggio, con partenza alle 6.30 del mattino e ritorno a casa mediamente alle 21.00. Inoltre avevo ottenuto il patentino di Volontario del Soccorso in Croce Rossa e nei fine settimana coprivo i turni di servizio 118 in ambulanza.
Non avevo altro tempo per nulla.
A fine 1997 spuntò finalmente un impiego vicino a casa e decisi di chiudere la mia esperienza milanese. Trascorsi quasi due anni, mi sono trasferita a Genova per motivi personali. Ero fidanzata con un biker e abbiamo deciso di andare a convivere.
Sfortuna vuole che abitassimo proprio dalle parti del mercato comunale, dove già di prima mattina c’era sempre un gran movimento di camion, che scaricavano e caricavano ogni genere di merce e…. prima di ripartire, uno di loro ha caricato per bene!!! 
Il nostro CBR 600 RR, parcheggiato sotto casa si volatilizzò. Ne avevamo fatta tanta di strada insieme e fu davvero traumatico. Sentivo un groppo strozzarmi alla gola e un nodo dentro, impossibile da sciogliere, se non con il pianto. Ladri maledetti.
Ho capito che la vita ti sorprende sempre.
Intanto mio fratello cambia moto di nuovo e si offre premurosamente di regalarci la sua favolosa Aprilia Tuareg 125 !!
Una domenica d’estate decido di andare a trovare i miei e scopro infatti nel box una YAMAHA R6 gialla, bianca e nera praticamente perfetta, ingegnoso risultato di una contrattazione tra un amico e il titolare del concessionario in cui mio fratello l’aveva comprata. Alle sue spalle, solo alcuni giri fatti in pista con carene in vetroresina. Intatta.
Si ricomincia a sognare!!!! Mi sono divertita da morire, fantastica! Pungente, sorprendentemente agile e soprattutto come piace a me, carenata!
Intanto, ero riuscita a mettere da parte qualche spicciolo. A gennaio del 2001, fatti quattro conti, avevo individuato il mio mese gioiello in maggio. Due appuntamenti importanti in programma. La patente A e un lancio in tandem col paracadute alla scuola nazionale di Livorno, d’accordo con un’amica romana che era riuscita ad entrarci, dopo aver superato tutte le prove di accesso.
Passano circa due mesi e una mattina alle 5.00 mi sveglio di soprassalto e mi accorgo che i miei occhi hanno qualche problema. Vedo girare tutto e se li chiudo mi sento ruotare su me stessa, senza alcuna impressione di stabilità. Dopo nove mesi di ospedale vengo dimessa col divieto assoluto di guidare la macchina, tanto più quello di gettarmi da un aereo col paracadute e la patente della moto rimandata a data da destinarsi .
Nel frattempo sono subentrati altri disturbi, che mi hanno costretta ancora a periodici ricoveri, ma ora sto meglio. Resto ferma ancora per un anno e mezzo. La mia Opel Corsa 1000, chiusa nostalgicamente in garage, è diventata uno sfumato ricordo.
Per uno strano caso della vita, però, incontro Chiara, che diventerà la mia migliore amica. Patita pure lei di motori, convinta ed innamoratissima della sua Honda Hornet 600, nonostante un mega volo, con annessi e connessi, appena dopo averla comprata. I duri non mollano. Su in sella ancora, zainetto leggero e felice. E sempre in attesa di concretizzare il suo sogno.
Avevo passato gli ultimi sei anni a Roma per lavoro e devo dire grazie al gruppo Fireblade Honda Italia della capitale, per avermi accolta da subito come una di loro.
E’ stata un’esperienza esaltante, che non dimenticherò mai. A giugno 2006 sono tornata a casa. Ero stanca della frenesia della grande città e stavo riprendendo a stare male. I medici mi hanno consigliato di rientrare, perché c’era il rischio che la situazione regredisse e si ripresentassero le problematiche iniziali.
In sei mesi di ostinate ricerche, sono riuscita a recuperare un’altra occupazione, quella attuale. Litigo ogni giorno con la contabilità in un’azienda orafa. Tanti numeri che girano e che per me non avranno mai un significato particolare, ma come ben si sa….”S’ha da campà!!!!” .
Ho dovuto attendere altri quattro anni, dopo il trasloco da Roma, perché la mia vecchia auto ha deciso di abbandonarmi in mezzo alla strada in un assolato pomeriggio di giugno. Motore andato. Mi compro una macchina nuova, incalzata da mio padre, che si rifiuta di considerare l’opzione di un usato in buono stato, ma siccome continuo comunque a guadagnare una carruba, decido di pagarla in 48 tanto agognate rate!!!.
A luglio di quest’anno ho versato l’ultima e mi sono permessa, credo con tutto il diritto, un urlo liberatorio devastante !!
Ora la sera arrivo a casa, dopo una giornata trascorsa in ufficio tra le odiate scartoffie e il mio primo pensiero è Ginevra. Ho ottenuto la patente “A SPECIALE” lo scorso giugno. E’ stata dura, perché in tutto questo tempo non avevo mai guidato una moto da sola e la lotta coi fantasmi del passato, a quarant’anni, ha un po’ il sapore di una velata utopia e di una sfida con se stessi, forse troppo grande. Oltre ai pugni sul casco presi dall’istruttore, perché mi dimenticavo sempre le frecce accese per dei km……
La mia KAWASAKI ER-6F è bellissima. Dentro di lei batte il cuore dell’uomo che amo. Lui che mi ha sostenuto nei miei passaggi a vuoto, mentre attendevo di fare l’esame di guida ed ero in fibrillazione costante. Che si è sorbito il mio nervosismo stupido e le mie insicurezze. Lui che mi ha sopportato dietro di sé, nei viaggi a due che ci hanno portato un po’ ovunque, trattenendo l’istinto di affrontare ogni curva alla Troy Bayliss , prima che sulla mia patente venisse aggiunta quella lettera, che tanto avevo rincorso, tra mille peripezie, per tutto questo tempo.
Guardo Ginevra e sono felice. Poi butto un occhio a Matteo e al suo grande esser uomo. Giù la visiera del casco e si riparte. Zingari del cuore.

Dianetta

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